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Quando il dente si spezza. Che fare?
[mercoledì 19 maggio 2010]

Le fratture corono-radicolari coinvolgono lo smalto, la dentina e il cemento e si presentano raramente, con una frequenza del 5% in dentizione permanente e del 2% in dentizione mista. Sovente per cadute, incidenti in bicicletta o in auto o attraverso l’impatto violento con corpi estranei o oggetti contundenti. Spesso, le fratture corono-radicolari degli elementi permanenti coinvolgono la polpa e, pertanto, necessitano di una terapia volta al mantenimento della vitalità dell’elemento e, quando possibile, al recupero del frammento coronale. Tuttavia, una guarigione con conservazione del frammento originario è difficoltosa, dal momento che il parodonto e la polpa entrano in contatto con i batteri del cavo orale. Di conseguenza, la letteratura, in genere, consiglia la rimozione del frammento e la ricostruzione dell’elemento previa esecuzione della terapia endodontica e il ripristino dell’ampiezza biologica.

Il caso clinico riportato nel Lavoro pubblicato su Il Dentista Moderno (2010;04:60-66) presenta il trauma di una paziente di 13 anni alla quale è stata diagnosticata una frattura corono-radicolare a carico dell’elemento 1.2 a due mesi di distanza da un trauma facciale. La diagnosi è stata posta grazie all’esame obiettivo, che ha rilevato la mobilità dell’elemento, e radiografico, che ha rivelato la presenza di una linea di frattura sottogengivale ad andamento obliquo da vestibolare a palatale. Data la vitalità dell’elemento e poiché si trattava di una giovane paziente con ottimo supporto parodontale, si è optato per l’esposizione e la riduzione della rima di frattura con conservazione del frammento coronale. A due anni di distanza l’elemento conserva ancora la sua vitalità.

“Il clinico –commentano gli Autori- non dovrebbe pertanto basare le scelte terapeutiche esclusivamente sulle linee guida fornite dalla letteratura, ma dovrebbe adeguarle al caso specifico sulla base di valutazioni obiettive e strumentali”.


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