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Manovra finanziaria. Secondo ENPAM gli enti previdenziali non dovrebbero essere interessati dalle norme introdotte
[martedì 15 giugno 2010]

Da più parti è stato sollevato il rischio che la manovra finanziaria possa penalizzare gli enti previdenziali privati tra i quali la Fondazione ENPAM. Un parere divulgato dalla stessa Fondazione ritiene che le norme che saranno introdotte non dovrebbero interessare gli enti previdenziali privati e ne motiva il perché.

“Il decreto-legge recante la manovra finanziaria -si legge in un nota- è attraversato da problematiche di ambiguità e di incongruenze. In particolare, per quanto riguarda la Fondazione ENPAM, nonché gli enti previdenziali privati, tradizionalmente attenti alla armonizzazione dei loro assetti statutari con la legislazione che li riguarda, si è voluto dare spazio ad una interpretazione del decreto che li coinvolgesse in alcune sue prescrizioni. Tutto concesso alla complessità del linguaggio del legislatore, peraltro da confermarsi in sede di conversione del decreto-legge, si ritiene, ragionevolmente, che l'interpretazione da darsi alle norme non possa né debba prescindere dall'inquadramento giuridico degli enti previdenziali privati”.

 

Di seguito il parere divulgato dall’ENPAM attraverso il quale viene motivato il perché la manovra finanziaria non dovrebbe interessare l’Ente.

 

Consideriamo l’inquadramento giuridico, si legge nel parere ENPAM, prendendo spunto da due fonti classificatorie dotate di autorevolezza istituzionale. In primo luogo, la Corte Costituzionale. Nella sua sentenza n.15 del 1999, ha fissato un principio interpretativo insuperabile del seguente tenore:” la privatizzazione degli enti pubblici di previdenza e assistenza è inserita nel contesto del complessivo riordinamento o della soppressione di enti previdenziali, in corrispondenza ad una direttiva più generale volta ad eliminare duplicazioni organizzative e funzionali nell'ambito della pubblica amministrazione. Alla razionalizzazione organizzativa e alle fusioni e incorporazioni si sottraggono gli enti che, non usufruendo di alcun sostegno finanziario pubblico, intendono mantenere la loro specificità ed autonomia, assumendo la forma dell'associazione o della fondazione. Il principio cardine è rappresentato dall'assenza di finanziamento pubblico, nelle sue diverse forme di realizzazione. Orbene, detto principio è ribadito, o per meglio dire considerato, nel decreto-legge recante la manovra finanziaria. L'articolo 6, al comma 2, cristallizza i destinatari della disposizione individuandoli nei soggetti che” comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche”. Se necessario, se ne ha una controprova nello stesso comma, ove si stabilisce la responsabilità erariale di chi ne violi il disposto: la responsabilità erariale sorge con riguardo al danaro pubblico. Ove non sia presente questa componente essenziale della erarialità, non può esservi responsabilità.

In secondo luogo, in sede parlamentare, nell'ambito autorevole della Commissione di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, è stato convalidato lo schema privatistico degli enti privatizzati con l'affermazione del seguente principio:” la finalità previdenziale delle Casse, di rilevanza costituzionale, non influisce sulla indubbia natura privata degli enti, che va rafforzata e implementata”. Mentre, nella costruzione del comma 2, dell'articolo 6 del decreto-legge, è chiara la volontà del legislatore della necessità e dell'urgenza di introdurre il divieto di contribuzione pubblica agli enti privati che non si conformino alle prescrizioni ivi contenute. Con la conseguenza che neppure gli enti previdenziali privati potrebbero accedere a forme di finanziamento pubblico. Si tratta, peraltro, di una disposizione pleonastica per gli enti previdenziali privati i quali sono tali, a mente della legge 509 del 1994 sulla trasformazione in persone giuridiche private degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza, solo in quanto non godano a nessun titolo di forme di finanziamento pubblico. Il legislatore del decreto-legge, più avanti nel comma 5 dello stesso articolo 6, stabilisce la configurazione degli organi di governo e tecnici di una serie di soggetti che identifica esplicitamente: si tratta di tutti gli enti pubblici, anche economici, nonché degli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato. Aggiunge, il medesimo legislatore, che le amministrazioni vigilanti provvedono all'adeguamento della relativa disciplina di organizzazione, con riferimento tutti gli enti e organismi pubblici rispettivamente vigilati, per l'adempimento della disposizione del comma 5. Si è preteso che la disposizione contenesse qualche ambiguità per aver utilizzato la figura dell'organismo pubblico con personalità giuridica di diritto privato. Anche in questo caso, conviene ricorrere alla giurisprudenza costituzionale. Nella sentenza 248 del 1997, la Corte, con riguardo agli enti privatizzati ha stabilito un principio definitorio del seguente tenore:” l'esclusione di un intervento a carico della solidarietà generale consegue alla stessa scelta di trasformare gli enti, in quanto implicita nella premessa che nega il finanziamento pubblico o altri ausilii  pubblici di carattere finanziario”. Come affermato dalla Corte, con un'immagine sintetica ed efficace, il sistema previdenziale privatizzato è dichiaratamente autofinanziato. Questa essendo la premessa costituzionale, le disposizioni del decreto-legge in commento non possono soggiacere ad equivoci interpretativi. Come va chiarendosi in sede di giurisdizione amministrativa (a parte la questione tralaticia, da risalire in sede legislativa oltre che interpretativa, dell'inserimento degli enti previdenziali privati negli elenchi ISTAT per finalità meramente tecniche di leggibilità a livello europeo di dati nazionali, questione superata peraltro in via legislativa dalla legge 6 agosto 2008, 133 che ha convertito il decreto legge 25 giugno 2008, 112 recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, in particolare come l'articolo 61, comma 15), la natura privatistica degli enti previdenziali risponde al presupposto legale, alla condizione, di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario. “Il sistema introdotto lascia comprendere che gli enti interessati sono stati trasformati in soggetti privati formalmente e sostanzialmente”: così, tassativamente, il giudice amministrativo, il quale ha aggiunto una incontrovertibile osservazione. Non si può, nella identificazione della natura dell'ente previdenziale, fare ricorso a “indici”, poiché il legislatore ha assegnato la natura dell'ente con propria insindacabile decisione.

Nello specifico della  riflessione sul contenimento della spesa pubblica, la giurisprudenza amministrativa fa osservare come enti privati che non usufruiscono di finanziamento pubblico od altro ausilio pubblico di carattere finanziario, che quindi non gravano in nessun modo sul bilancio pubblico, non possono, al di là del fine costituzionale che perseguono, quello previdenziale, essere annoverati nell'ambito delle pubbliche amministrazioni.  “Non incidendo, i loro bilanci, in alcun modo sull'erario pubblico e quindi sul livello della spesa pubblica e sul patto di stabilità e di crescita che vincola il nostro paese e che trova il suo fondamento nell'articolo 104 del trattato dell'Unione Europea gli stessi si rivelano estranei indifferenti a tale obiettivo”: in questa luce, costituirebbe applicazione di una buona regola legislativa, l'introduzione di un emendamento conformato al disposto del comma 15 della legge 133 del 2008 che avesse il seguente contenuto: le disposizioni di cui all'articolo 6 del presente decreto legge non si applicano agli enti previdenziali privati. Ne conseguirebbe l'esigenza di un ulteriore emendamento, al comma 17 dell'articolo 7 del decreto-legge, del seguente tenore: aggiungere la parola pubblici, dopo la parola previdenziali. Il comma risulterebbe così: le economie derivanti dai processi di razionalizzazione e soppressione degli enti previdenziali pubblici vigilati dal ministero del lavoro… La modificazione lo porrebbe in armonia con il processo di razionalizzazione della struttura degli enti previdenziali pubblici auspicato dalla Commissione bicamerale che così si esprimeva in una sua relazione:” il sistema di governance degli enti previdenziali (pubblici) dovrebbe fare riferimento a un compiuto modello di funzionamento; per diversi motivi, si ritiene che il modello di riferimento più adeguato per le attività di gestione degli enti previdenziali pubblici sia quello aziendale”. Il decreto-legge, legittimamente,  all'articolo 8, comma 9, dispone verso gli enti di previdenza inclusi tra le pubbliche amministrazioni.  Per le sopra esposte ragioni, impropriamente, al comma 15 dell'articolo 8, si sovrappone all’autonomia  degli enti previdenziali privati con la previsione che le operazioni di acquisto di vendita di immobili da parte degli enti pubblici e privati che gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza sono subordinate alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica. Infatti, l'equilibrio di bilancio cui deve attenersi la gestione economico finanziaria degli enti privati, anche in  proiezione pluriennale, costituisce un limite legale invalicabile per gli enti. Senonché esso è rispettato nel quadro dell'autonomia gestionale riconosciuta dalla legge di privatizzazione, al cui interno si colloca la politica delle vendite degli acquisti immobiliari degli enti privati. Pertanto, debbono essere soppresse, al citato articolo 8, comma 15, le parole “ e privati”. Parimenti, al fine di non ingenerare dubbi interpretativi, conviene che all'articolo 9 del decreto legge si faccia espressa menzione della non applicazione agli enti previdenziali privati delle disposizioni ivi contenute con la medesima formulazione ipotizzata per l'articolo 6.(Le disposizioni di cui al presente articolo 9 non si applicano agli enti previdenziali privatizzati).

 

 


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