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Cassazione: sull'illecito disciplinare la parola spetta all'Ordine professionale
[martedì 27 luglio 2010]

Tutti i codici disciplinari contengono clausole generali relative alle “mancanze nell’esercizio della professione” nonché “comportamenti contrari al decoro della professione”. La valutazione se un certo comportamento sia o meno da considerarsi contrario al “decoro” della professione spetta agli ordini professionali.

A sostenerlo è la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili con la sentenza del 17 giugno 2010 n. 14617.

La controversia presa in esame riguarda un avvocato, ma la sentenza afferma principi applicabili a tutte le professioni. Il caso è quello di un legale che, dopo quaranta giorni dalla rinuncia dei mandati professionali conferitigli nell'interesse di un Consorzio idrico, aveva inviato un atto stragiudiziale di diffida al medesimo consorzio nella qualità di difensore del Comune, nella controversia per l'affidamento degli impianti ed opere destinate alla distribuzione idrica nell'ambito del territorio comunale.  Tale comportamento secondo l’Ordine era contrario agli obblighi di lealtà e correttezza propri della professione forense. Il Consiglio Nazionale Forense aveva valutata corretta la posizone del consiglio provinciale.

Contro tale decisione il professionista aveva proposto ricorso per cassazione.  Secondo il professionista, tenuto conto che la contestazione era stata fatta invocando una clausola generale (mancanze nell'esercizio della professione o comunque fatti non conformi alla dignità e al decoro professionale), la stessa era illegittima per l'assenza, nel capo d'imputazione, delle norme deontologiche la cui violazione gli era stata attribuita.

La suprema Corte non è d’accordo. Il collegio, infatti, rileva che le previsioni dei codici deontologici hanno la natura di fonte meramente integrativa dei precetti normativi e possono ispirarsi legittimamente a concetti «diffusi e generalmente compresi dalla collettività».

“Stando alla sentenza –ci spiega l’avv. Silvia Stefanelli esperto di diritto sanitario- il giudice disciplinare è libero di regolare e di individuare l'esatta configurazione della violazione tanto in clausole generali richiamanti il dovere di astensione da contegni lesivi del decoro e della dignità professionale, quanto in diverse norme deontologiche o anche di ravvisare un fatto disciplinarmente rilevante in condotte atipiche non previste da queste norme.  Tale potere degli ordini non è però assoluto o illimitato: deve infatti rispondere ai principi della ragionevolezza”.


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