La crisi che in questi ultimi anni ha toccato, forse per la prima volta in maniera significativa, gli studi odontoiatrici sta portando i professionisti italiani a ripensare il loro modo di essere professionisti mettendo in dubbio il modello imprenditoriale fino ad oggi seguito.
Dare degli strumenti per capire come potersi organizzare partendo dall’analisi dello scenario attuale ipotizzandone quelli futuri è stato l’obiettivo del Dental Manager Symposium svoltosi questa mattina all’interno del III Expodental Forum organizzato dalla società di ricerca di mercato Key-Stone e promosso da UNIDI.
Relatori: Michele Nardone dirigente del Ministero della Salute; Roberto Callioni past-president ANDI; Matteo Caroli vice-presidente della Facoltà di Economia Università Luiss e Alberto Cellini docente marketing della Business School Mip Politecnico Milano: moderatore dell’evento Roberto Rosso presidente Key-Stone. (nei prossimi giorni pubblicheremo i video delle relazioni)
Dal convegno emerge una indicazione chiara: lo studio odontoiatrico così come oggi lo consociamo non sarà più il modello di riferimento. Tra alcuni anni -forse già oggi- i dentisti dovranno modificare il loro modello organizzativo.
“Non solo gli studi dentistici -ha detto il presidente UNIDI Mauro Matteuzzi nel saluto di apertura- stanno cambiando il modo di intendere la professione ma anche odontotecnici e le stesse imprese che producono e distribuiscono prodotti dentali sono in una fase di profondo cambiamento. Oggi tutto il comparto dentale deve pensare da impresa per adattarsi ad un mercato che è cambiato”.
A fotografare il settore è stato Michele Nardone che ne ha evidenziato i suoi punti deboli che si chiamano pletora odontoiatrica e difficoltà di accesso alle cure da parte di molti pazienti. Le proposte indicate da Nardone per uscire da questa situazione sono rivedere l’accesso alla professione, “non solo tramite il numero chiuso ma anche modificando l’esame di stato”; riorganizzare il sistema di esercizio alla professione “attraverso aggregazione di professionisti”; rivedere il modello di accesso alle prestazioni odontoiatriche da parte dei pazienti e, ovviamente, incentivare la domanda di salute orale verso i cittadini. Proposte importanti molte delle quali di competenza, anche, del Ministero della Salute.
Di fronte a questo cambiamento il dentista italiano si interroga sulle proprie scelte del presente rispetto ad un futuro giudicato molto spesso incerto. Ad ammetterlo è Roberto Callioni ritenendo che coloro che nel lungo periodo non sapranno adattarsi saranno costretti a soccombere. E in questa fase di mutamento i più agevolati sono i giovani meno arroccati sui vecchi modelli. “Il mercato -dice Callioni come libero professionista- richiede più flessibilità, capacità di adattamento, duttilità professionale. Non tutti sono disposti a questo. Il nostro è ancora un settore dove i contrasti categoriali sono forti rispetto a questa inevitabile mutazione. Puntare sulla sola qualità, cosa che peraltro il paziente dà per scontato quando si rivolge ad un professionista, non servirà a sopravvivere. Bisognerà puntare ad un progetto ben più ampio e costruttivo”. Per Callioni ad avere la meglio sarà il professionista consapevole della mutazione professionale in atto e disponibile a rimettersi in gioco favorendo il rilancio della professione”.
Un dentista imprenditore?
Secondo il prof. Matteo Caroli l’evoluzione della professione odontoiatrica sarà determinata da fattori diversi e difficilmente arrestabili. Evoluzione che porterà il dentista a seguire tre inevitabili percorsi: continuare secondo il modello di professionista tradizionale; diventare dipendente di grosse strutture; dare alla propria attività professionale contenuti imprenditoriali. Per fare questo, spiega, il dentista non deve snaturarsi trasformandosi in manager ma può affidare a chi sa fare il manager la gestione dello studio concentrandosi su cosa sa fare meglio: curare il paziente.
Capire il mercato e crearsi una strategia d’intervento è il consiglio del prof. Alberto Cellini ai dentisti italiani. Strategia che può passare dallo studio associato, dal network, dalla diversificazione dell’offerta del proprio studio puntando su prestazioni mirate.
Alla fine, probabilmente, l’indicazione che forse emerge con più forza dal convegno e quella che ha indicato Roberto Rosso: il dentista del futuro dovrà abbinare alle prestazioni di qualità una capacità imprenditoriale che oggi manca non solo a molti dentisti italiani ma anche ai laboratori odontotecnici, ai depositi dentali ed a molte realtà industriali del settore.