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Ogni osso vuole il suo impianto: i risultati di uno studio italiano
[lunedì 29 novembre 2010]

“In chirurgia ortopedica vengono impiegati differenti tipi di viti di fissaggio. Il disegno della vita ne influenza sensibilmente l’efficacia; le spire rappresentano il mezzo che permette al dispositivo di progredire attraverso il tessuto osseo. Il passo è la distanza tra due spire successive o la distanza percorsa dalla vite lungo il proprio asse longitudinale in un giro”. A dare queste indicazioni sono gli Autori del Lavoro pubblicato su Il Dentista Moderno (2010;09:126-132) che ricordano come i comportamenti per le viti di osteosintesi il torque di inserzione può rappresentare un parametro valido per verificare la stabilità primaria degli impianti osteointegrati.   

Nei siti in cui la corticale ossea è molto rappresentata, indicano gli Autori, sono richieste viti caratterizzate da un passo molto breve tra le spire, mentre nei siti in cui prevale la componente spongiosa un “pitch” più ampio permetterebbe di conseguire una maggiore stabilità. Sulla scorta di tali osservazioni preliminari, mutuate dalla chirurgia ortopedica, l’obiettivo del Lavoro è quello di convalidare l’ipotesi secondo cui l’impiego degli impianti dentali Fine-Pitch Mil sarebbe più appropriato per l’osso prevalentemente corticale, mentre l’inserimento di impianti Wide-Pitch Mil troverebbe indicazione nell’osso a maggiore componente midollare. Per impianti Wide-Pitch è stato riportato un torque di inserzione superiore in modelli di osso midollare (del 20% più elevato rispetto quanto registrato con impianti Fine-Pitch).

“Il loro alloggiamento in tali distretti tissutali –commentano gli Autori- si dimostrerebbe pertanto più affidabile. Inoltre, sembrerebbe che la peculiare morfologia degli impianti Fine-Pitch permetta il loro inserimento solo previa generosa osteotomia (l’invito dovrebbe avere un diametro superiore a 1.5 mm), sia in osso corticale che spongioso”.


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