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Gli odontoiatri vogliono l’autonomia ordinistica. Renzo (CAO): “farlocche le notizie che dicono il contrario. Il sondaggio ANDI in linea con la posizione CAO”
[martedì 22 febbraio 2011]

La CAO esprime il proprio disappunto contro i titoli e le notizie giornalistiche diffuse nei gironi scorsi che titolavano: “I dentisti non vogliono l’ordine autonomo”.

“L’esatto contrario di quanto veramente accaduto”, scrive ai presidenti delle Commissioni per gli iscritti all’Albo degli odontoiatri il presidente nazionale CAO Giuseppe Renzo. Gli articoli citati dal presidente Renzo riportavano la notizia della decisione presa dal Consiglio nazionale ANDI di schierarsi per l’autonomia ordinistica ma senza separarsi dalla componente medica.

“Dopo lunghe e profonde valutazioni di merito e nella sostanza –scrive Renzo- le preposte assemblee che hanno impegnato i legittimi e legali rappresentati di tutti i circa 58 mila iscritti agli Albi odontoiatri delle OMCeO, sempre, giornalisticamente parlando hanno così deliberato: i dentisti all’unanimità approvano l’autonomia ordinistica”.

Un’autonomia che si può tradurre, spiega Renzo, in autonoma rappresentanza legale, amministrativa, gestionale, economica, previdenziale.

In merito alla decisione del Consiglio nazionale ANDI supportato dal sondaggio condotto tra i suoi associati a cui hanno risposto oltre 4mila iscritti ed elaborato secondo metodi statistici (si veda la nostra news) il presidente Renzo evidenza come anche in questo caso la maggioranza si sia espressa per l’autonomia.

“Si deve dire che il dato diffuso –continua il presidente CAO-  così come è stato comunicato da ANDI è volto a rafforzare le posizioni e confermare del tutto quanto proposto dalla CAO”.

Rilevando quindi come sull’autonomia vi sia la totale condivisione tra la posizione dell’ANDI e della CAO sulla questione della separazione degli odontoiatri dai medici, il presidente Renzo non si esprime nel merito ritenendo che “le diverse legittime ipotesi e i successivi quesiti (anche quelli volti a ricercare soluzioni per problemi mai prospettati: scissione, divisioni delle strutture, aumento delle quote ecc.) valgono quali ipotesi di studio che non hanno motivo di esistere”.

 


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