Continuano le sentenze che dimostrano come in caso di non congruità secondo i parametri derivanti dagli studi di settore sia possibile per il contribuenti ricorrere e sia obbligo per l’Agenzia delle Entrate motivare e provare le ragioni delle contestazioni.
L’ultima, in ordine cronologico, è quella della Corte di Cassazione del 17 febbraio scorso (la numero 3923) in cui si conferma la legittimità in caso di utilizzare i parametri derivanti dagli studi di settore per le contestazioni ma qualora siano elevate contestazioni dal contribuente sulla base di allegazioni specifiche, queste devono essere provati e non semplicemente enunciati nella motivazione dell'accertamento.
E' necessario, afferma la Cassazione, che ci sia un contraddittorio con il contribuente, pena la nullità dell'accertamento. In tale sede il contribuente ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e contenuti, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti ai quali possono essere applicati gli standards o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame. La motivazione dell'atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente.