Non è certo una quadro rassicurante quello che è emerso dalla presentazione dei dati III Indagine congiunturale sullo statodella professione odontoiatrica su di un campione di 5.589 dentisti iscritti ad ANDI, presentati dalcoordinatore del Servizio Studi ANDI Roberto Callioni nell’abito del convegno “Ache punto è la crisi? La situazione del mercato dentale organizzato da ANDI edUNIDI svoltosi questa mattina a Rimini.
“Più che di crisi professionale –ha commentato Callioni- è forse piùopportuno parlare di un declino del modello professionale, almeno rispetto aiparadigmi del passato. Tale situazione è dovuta a fenomeni multifattoriali ed èpiù marcata in quelle aree del paese che hanno più di altrerisentito della crisi economica.
Scorrendo i dati si nota come il 45% dei dentisti hadenunciato un decremento dei ricavi professionali nel 2010 rispetto al 2009 almenodel 15%. E le previsioni per il 2011 sono sostanzialmentepessimistiche per il 46,3% degli intervistati.
Un terzo dei dentisti si dichiara “sottoccupato”,soprattutto lo fanno i giovani e i più anziani. La ragione è da ricercarsi in una“pazientela numericamente insufficiente” come dimostrato anche dal saldonegativo di 2.500.000 accessi “in meno”.
Al calo di pazienti bisogna aggiungere, per peggiorare ilquadro economico, che la ricerca evidenza come la maggior parte dei dentistinon aumenta gli onorari dal 2008 mentre i dati dell’andamento dell’industriadenotano un incremento dei prezzi dei prodotti di consumo ed i costi digestione dello studio odontoiatrico.
In media il dentista lamenta un calo della protesi (l'80% di loro lo hanno evidenziato),dell’implantologia (59%), delle prime visite (55%), della chirurgia eparodontologia (47%), dell’ortodonzia (41%) delle sedute di igieneprofessionale (25%) e della conservativa.
A questa situazione i dentisti intervistati affrontano ilproblema in maniera differente: il 63,9% punta sulla maggiore efficienza deglistudi; il 54,% accresce il capitale professionale investendo nelle propriecapacità; il 43,6% punta a risparmiare sulle spese di studio; il 35,6% ricercacollaborazione con altri studi e si associa con altri dentisti; il 31,9%investe nello studio per aumentare la gamma delle cure praticate; il 17,4%rivede le tariffe; il 16% ricerca collaborazione con l’odontoiatria pubblica.
Va evidenziato che la maggioranza degli intervistati, inparticolare gli over 40, lavorano in un proprio studio e quindi l’offertarisulta particolarmente frammentata.
Se da un lato l’82,6% degli intervistati si dice preoccupatoper il propagarsi di forme di esercizio professionale supportate da società dicapitale, franchising, ecc, meno ideologica è la considerazione verso i fondiintegrativi del SSN. Per il 60% dei dentisti i fondi sono visti conindifferenza o come strumenti positivi per il futuro professionale.
Questo quadro congiunturale negativo porta a rivederepiani e programmi professionali per il futuro dei dentisti, addiritturacomincia a farsi breccia anche una preoccupata rivisitazione dei piani e deiprogrammi di vita privata.
Situazione porta quindi i dentisti a vedere il futuro conpessimismo soprattutto i dentisti più anziani –quelli che hanno vissuto imomenti di “positività” del settore- ed i giovani che probabilmente pensavanodi aver intrapreso una professione più fiorente, anche se questi ultimi sonoquelli che accettano di adattarsi alle nuove forme di esercizio dellaprofessione.