“Al di là di ciò che è consentito dalle leggi vigenti in materia riteniamo rischioso per l’intera categoria che alcuni colleghi pubblicizzino la propria attività di odontoiatra tramite spot televisivi, radiofonici, volantinaggio, invio di e-mail, banner, cartelloni pubblicitari al pari dei più comuni prodotti commerciali (detersivi, pizze, autovetture, bevande)”. A dirlo è il presidente nazionale AIO Pierluigi Delogu con una nota pubblicata sul proprio sito internet.
“I servizi da noi erogati –scrive Delogu- sono prestazioni d’opera intellettuale che non possono essere sottoposte alle leggi del mercato e della concorrenza. Una riabilitazione odontoiatrica non può essere venduta al dettaglio come si fa con dei prodotti commerciali ed il dilagare di pubblicità incontrollata non può che portare alla mercificazione della professione”. “E’ giunto il momento della responsabilità. E’ giunto il momento di comportarci come una categoria unita e lungimirante che non guarda al guadagno nell’immediato, ma alla tutela del proprio futuro” e chi non rispetta questo, dice Delogu, “può ritenersi non più appartenente alla Associazione Italiana Odontoiatri che in questo modo vuole tutelare l’immagine di tutta la categoria di professionisti seri quale è l’odontoiatria”.
L’AIO, spiega il presidente, “non fornirà più la sua assistenza e non accetterà più come soci i colleghi che inseriscono pubblicità sanitaria in network, che amplificano e promuovono un messaggio in piattaforme di compravendita, che offrono ai “pazienti” la possibilità di “acquistare” una “terapia” a prezzi promozionali scontati all’inverosimile”.
Con questo, precisa Delogu, l’AIO non intende sostituirsi agli organismi istituzionali di controllo e disciplina (leggasi CAO) “ma vuole con forza dare il buon esempio”.
Sicuramente è questo l’intento, ma visto che la scorsa settimana ANDI ha deciso di valutare azioni legali nei confronti dei dentisti che fanno pubblicità scorretta ed ora l’AIO li “caccia” dall’associazione, il dubbio che i sindacati di categoria ritengano che la CAO non intervenga o non riesca ed intervenire a dovere ci viene.