La presunzione di redditività attraverso i movimenti bancari, come indicato dall’art.34 della Legge 311/2004, prevede di ricostruire il reddito dell’impresa o del lavoratore autonomo secondo i movimenti bancari, sia a debito che a credito, di cui non si riesce a fornire “giustificata” motivazione.
La sentenza della Corte di Cassazione (14041 del 27 giugno 2011) ha fornito alcuni elementi interpretativi sulla presunzione di redditività dei conti bancari.
Innanzitutto chiarisce che sono “posti come ricavi o compensi a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni”.
Quindi, spiega la Cassazione sia i versamenti operati sui conti correnti bancari vanno imputati ai ricavi conseguiti dal contribuente nella propria attività, se questo non dimostra di averne tenuto conto nella base imponibile oppure che sono estranei alla produzione del reddito. Stesso “trattamento”, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario, viene rivolto ai prelevamenti annotati nei conti correnti e non contabilizzati. Nella presunzione di reddito i prelievi non giustificati vengono considerati come costi in nero e quindi ricavi non dichiarati.
I controlli bancari, eseguiti secondo questi criteri, possono essere svolti sia sui conti intestati al contribuente ma anche a quelli dei soci o dei familiari. Anche in questo caso spetta la contribuente “fornire la prova contraria”.