Che le vedute tra Ordine ed Antitrust sull’esercizio professionale fossero diverse non è certo una notizia che viene confermata dall’intervista pubblicata sul Giornale dell’Odontoiatra di Settembre. Una visione che equipara la professione odontoiatrica (come le altre professioni) al pari di una attività commerciale.
“La nostra visione –dice al GDO il presidente dell’Agcom Antonio Catricalà- non è una stranezza ma viene direttamente dalle norme e dallo spirito del Trattato europeo: l’attività professionale viene considerata attività imprenditoriale. Ne deriva che ci deve essere libertà di tariffa e di pubblicità. Non vedo come questo possa danneggiare i pazienti: piuttosto ne amplifica la libertà di scelta. Peraltro pensare che un’attività imprenditoriale di per sé danneggi la clientela equivale a demonizzazione le imprese. Seguendo questo ragionamento un dentista dovrebbe temere di andare al ristorante o di comprarsi una barca. E’ la qualità della prestazione, medica o commerciale, a garantire il cittadino”.
Sono molti gli argomenti trattati nell’intervista a partire dalla pubblicità dove il presidente dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato ricorda come la legge preveda il controllo da parte dell’Ordine ex post, mentre, dice, alcuni ordini la interpretano in modo restrittivo. Per Catricalà l’Ordine invece di aprire un procedimento disciplinare nei confronti dell’iscritto dovrebbe denunciarlo all’Antitrust. “Sapremo decidere in scienza e coscienza se il messaggio pubblicitario inganna i pazienti”, dice.
Per quanto riguarda la battaglia contro le tariffe basse Catricalà la giudica di retroguardia e dice ai singoli dentisti che l’Authority è vicina ai professionisti che vogliono accettare la sfida della concorrenza. E poi aggiunge: “chi stabilisce la tariffa di riferimento, una associazione dei consumatori o i dentisti stessi?”
Infine il parere del presidente Agcom sugli Ordini è decisamente chiaro. “Gli ordini tutti –si legge nell’intervista- vanno profondamente riformati. Così come sono strutturati sono una garanzia per gli iscritti, non per gli utenti. Occorre che si aprano alla società civile, includendo nei loro organi di rappresentanza le associazioni dei consumatori. Diversamente verranno sempre considerati, a torto o a ragione, i difensori delle caste”.