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Dentista presunto evasore ricorre contro le Entrate ed ottiene un parziale riconoscimento
[martedì 4 ottobre 2011]

Ad un dentista di Macerata nel 2010 viene notificato l'avviso di accertamento dalla locale Agenzia delle Entrate per Irpef ed Irap non versate nel 2005.

Dentista in attività dal 1982 e che nel 2005 aveva dichiarato un reddito di  6.453 euro. Troppo pochi per l’Agenzia delle Entrate che dopo i dovuti controlli, anche sui conti correnti dello studio e personali, rilevava versamenti e prelievi non riconducibili al fatturato. Dagli accertamenti effettuati l’Ufficio delle Entrate indicava compensi non contabilizzati per euro 63.000,00 e prelevamenti non giustificati per euro 14.936,91.  Sulla base di quanto accertato l’Agenzia delle Entrate indicava un imponibile non dichiarato di 78.137,81 euro. Sulla base di questo le sanzioni.

Il dentista ricorreva contro la decisione in Commissione tributaria sostenendo, stando a quanto si legge nella sentenza, che “nell'anno 2004 aveva dovuto trasferire lo studio affrontando spese per Euro 76.576,97, come documentato e che, a suo dire, avrebbero prodotto effetto negativo anche per l'anno successivo.

In ordine al riferimento agli "Studi di settore", affermava il ricorrente che, non essendosi proceduto nei suoi confronti mediante rettifica sintetica del reddito, ai sensi dell'art. 38 D.P.R. 600/73, non si sarebbero potuti usare gli argomenti relativi per giustificare l'accertamento del maggior reddito.

Riguardo ai prelievi, questi sono avvenuti per esigenze di cassa, ovvero per esigenze di vita del contribuente e, tenuto conto che l'importo di circa Euro 14.000,00 equivale ad una spese di poco più di Euro 1.000,00 al mese, lo stesso bene può riferirsi alle esigenze del contribuente, il quale, peraltro, avrebbe emesso gli assegni all'ordine di se stesso, così confermando quanto sopra.

Infine, come ulteriore motivo di impugnazione, lamentava che l'Agenzia convenuto non avrebbe tenuto conto di quanto stabilito dallo stesso Ministero con Circolare n. 32 del 17/10/2006, secondo cui in caso di accertamento di maggiori ricavi, occorre tener conto dell'incidenza dei maggiori costi, ciò in relazione al principio della capacità contributiva”.

La Commissione tributaria ha ritenuto di accogliere solo parzialmente il ricorso proposto, non avendo il dentista offerto ulteriori elementi di prova che gli accrediti sui C/C bancari si riferissero ad operazioni contabilizzate. In particolare la Commissione ha accolto i rilievi fatti dal contribuente circa “il recupero a tassazione dei prelievi effettuati dal contribuente sui C/C bancari ove operava, ritenendo gli stessi non giustificati e, quindi, presumendosi l'utilizzo per pagamenti fiscalmente non contabilizzati”. Infatti –continua la sentenza- gli importi appaiono relativamente modesti (Euro 14.936,91) a fronte del tenore di vita che è lecito aspettarsi da un contribuente cui vengono addebitati redditi per oltre Euro 78.000,00, per cui è del tutto verosimile che il ricorrente abbia attinto a detti C/C per far fronte alle proprie esigenze di vita, come dedotto nel ricorso. Pertanto, dal maggiore importo accertato dall'Ufficio dovrà detrarsi quello relativo ai prelevamenti di Euro 14.936,91, residuando l'importo da assoggettare ad imposta di Euro 62.200,00”.


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