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Per il Codacons sono 50 mila gli italiani che vanno all’estero a curarsi i denti. Prada (ANDI) dubbi sui dati, il fenomeno è in calo, i pazienti cominciano a capire i rischi
[mercoledì 19 ottobre 2011]

Sono 50 mila, secondo il Codacons, gli italiani che ogni anno si recano all’estero per curare i propri  denti. Un fenomeno che per l’associazione dei consumatori è cresciuto del 150% nel giro degli ultimi 5 ani solo in Italia, stando a quanto monitorato attraverso il progetto “Sentinelle della Salute” avviato con l’agenzia di stampa Agi per monitorare le abitudini degli italiani in fatto di salute.

"Cresce a forte ritmo il numero di utenti che decidono di realizzare impianti, ponti e protesi dentarie in paesi dell'Europa dell'Est come Ungheria, Croazia, Romania, Slovenia”, spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi. “Alla base del turismo dentale, vi sono i costi ridotti, inferiori fino al 60% rispetto alle tariffe praticate in Italia per i medesimi interventi, la possibilità di acquistare pacchetti completi, comprendenti viaggio, alloggio e trattamenti, nonchè l'abbattimento delle liste d'attesa, che nel nostro paese rappresentano una vera e propria piaga sociale”.

"Il fenomeno tuttavia, non è esente da rischi - prosegue Rienzi - All'interno del business generato dal turismo dentale si celano anche operatori improvvisati, che fiutando l'odore dei soldi propongono offerte vantaggiose senza però garantire l'adeguata sicurezza e qualità degli interventi. Altra criticità riguarda i materiali utilizzati dai dentisti di tali paesi, spesso prodotti scadenti e a basso costo che a lungo termine possono determinare l'insorgere di problemi nei pazienti”.

Di tutt’altro avviso il presidente ANDI Gianfranco Prada che attraverso una nota inviata alle agenzie si chiede il valore statistico dei dati indicati.

“Sarebbe interessante capire su quale base statistica è stato rilevato il dato riportato dal Codacons –dice Prada- ricordando come proprio qualche settimana fa l’Ocse, evidenziava come non ci siano dati certi sul turismo sanitario”.

Un fenomeno, quello del turismo odontoiatrico che il presidente Prada giudica reale ma non di queste dimensioni.

“La gente ha capito che non solo non si risparmia considerando gli spostamenti necessari per questi viaggi della speranza, i soggiorni, il disagio, ma soprattutto per via degli insuccessi ottenuti”, ha spiegato alle agenzie il presidente ANDI-  . “Prevalentemente ci si reca all’estero per interventi di implantologia, il cui successo è legato al rispetto dei tempi clinici e ai materiali utilizzati. La necessità di curare i pazienti in tempi molto brevi e di contenere i costi ha prodotto, a distanza di anni, il rigetto degli impianti con la conseguente perdita di tutto il lavoro protesico costringendo il paziente alla dentiera. Ed in questo caso i pazienti, di fatto, non possono rivalersi sul dentista straniero in quanto dovrebbero attivare una causa per ottenere il risarcimento nel Paese dove si sono recati per le cure. Anche la “garanzia” italiana promessa da alcuni di questi tour operator che organizzano i viaggi non vale nulla: spesso i dentisti italiani che dovrebbero risolvere i problemi creati dai colleghi esteri non lo fanno per non diventare responsabili legalmente dei danni provocati”.

“Poi ci sono i problemi, evidenziati anche dal Codacons – continua Prada – rispetto delle norme igienico-sanitarie. Quelle a cui i dentisti italiani devono sottostare sono tra le più garantiste per il paziente degli Stati europei. Ma non solo le norme igieniche, spesso per il paziente italiano è difficile capire la cura che il dentista straniero gli propone ma anche se chi lo cura è un vero dentista abilitato. Ci si fida sempre del tour operator che sarà probabilmente bravo a scegliere il viaggio ed il soggiorno migliore ma difficilmente ha le competenze necessarie per indicare il dentista più competente a curare le disfunzioni del singolo”.


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