A sostenerlo è la Corte costituzionale con l’ordinanza 318 del 23 novembre che ha dichiarato l’inammissibilità “delle questioni di legittimità del primo comma, numero 2), secondo periodo, dell’articolo 32, del Dpr 600/1973 (contenente disposizioni in materia di accertamento delle imposte sui redditi), sollevate in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione”.
La questione di incostituzionalità era stata sollevata dalla Commissione tributaria provinciale di Pescara che metteva in dubbio la possibilità di estendere retroattivamente ai professionisti la presunzione di equivalenza a compensi professionali dei movimenti bancari non giustificati diversamente.
Per effetto di questo pronunciamento, le movimentazioni bancarie ingiustificate continueranno a poter essere imputate dal Fisco come reddito sia del professionista sia dell’imprenditore.