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Chiusa dalla CCEPS la vicenda tra il past president ANDI Callioni ed il presidente CAO Renzo. Ma la vicenda lascia aperte questioni (attuali) sulla riforma degli Ordini
[martedì 10 gennaio 2012]

Si è chiusa l’intricata vicenda che ha visto protagonisti il past president ANDI Roberto Callioni, la CAO Nazionale e la CCEPS. I fatti, cui si fece cenno anche in un articolo del Corriere della Sera dedicato ai dentisti, risalgono al maggio 2009 quando durante l’assemblea ANDI il dott. Callioni al termine di una accesa discussione sul bilancio dell’associazione e del voto che lo vide approvato a larga maggioranza, sottolineò che a differenza di quanto accade per la CAO (che non ha un bilancio proprio), per ANDI ogni anno l’approvazione è anche un modo per riconfermare o meno la fiducia alla dirigenza nazionale. Cosa che secondo Callioni è sintomo di estrema democrazia.

Esternazione che non piacque ad alcuni dei presenti tra i quali proprio gli esponenti della CAO presenti in qualità di delegati delle rispettive sezioni ANDI, che interpretarono queste parole una critica nei confronti dell’istituto ordinistico e aprirono procedimento disciplinare, a seguito di un esposto, contro Callioni in quanto avrebbe denigrato la CAO (Callioni all’epoca era anche presidente CAO Bergamo). L’esito del contrastato procedimento disciplinare sfociò nel provvedimento della Censura comminata nel febbraio 2010 dalla CAO Nazionale, sanzione contro la quale Calloni ricorse alla CCEPS sollevando tra l’altro l’asserzione di un conflitto di attribuzione tra i poteri disciplinari ordinistici. Questione che probabilmente non si sarebbe posta se l’attuale riforma, che prevede (ma non per l’Ordine dei medici ed odontoiatri) un organo disciplinare composto da non eletti fosse già stata approvata.

Dopo varie riunioni nell’ottobre scorso, ma la notizia è stata diffusa solo poco prima di Natale, la CCEPS ha dichiarato il ricorso del dott Callioni "improcedibile per cessata materia del contendere" a seguito della “revoca del provvedimento disciplinare della Censura” nei confronti del past president ANDI da parte della CAO; dopo che lo stesso aveva inviato una lettera di precisazione. Fatto sta che pochi giorni dopo la decisione, si è preso atto della normalizzazione dei rapporti tra ANDI e CAO e, forse, la partecipazione del presidente Prada ai lavori del Consiglio Nazionale dei presidenti CAO e del presidente Renzo, il giorno successivo, al Consiglio Nazionale ANDI ne è la riprova.

Dott. Callioni, è un caso o dopo la chiusura di questa vicenda i rapporti tra CAO ed ANDI si sono ammorbiditi. Il presidente CAO ha tenuto un interessante intervento durante lo scorso Consiglio nazionale ANDI.

Certamente e ne sono soddisfatto, tutto ciò è avvenuto dopo la soluzione del problema. E non poteva che essere diversamente, anche solo per questioni di coerenza.Se tutto ciò è vero, rimane il fatto che l’impegno per una profonda riforma degli Ordini e delle professioni rimane immutata.Ho particolarmente apprezzato in tal senso le dichiarazioni del presidente CAO, sia al Workshop della CAO che nel Consiglio ANDI, anche rispetto alla disponibilità a rivedere quegli iter deontologici che hanno permesso alla vicenda di fiorire. Quelle dichiarazioni sono state rese in modo molto determinato.

Si riferisce alla riforma degli Ordini presente nella manovra di agosto ed alla necessità cha gli Ordini si dotino di un organismo giudicante composto da membri diversi dagli eletti. Però, per ora, gli Ordini che hanno a che fare con la salute ne sono esclusi.

E’ vero e l’esclusione, da quanto mi è stato riferito, è avvenuta in una notte. La sera il dispositivo era esteso a tutti gli Ordini Professionali, la mattina successiva si apprese che erano state aggiunte poco parole con le quali si escludeva dal provvedimento gli Ordini sanitari. La spiegazione che fu data è in parte vera: a differenza degli altri Ordini quelli delle professioni sanitarie ha una Commissione giudicante di secondo grado (la CCEPS) presieduta da un Magistrato con la presenza di funzionari ministeriali. Peraltro rimane il fatto che la maggioranza della Commissione e’ composta ad oggi da membri nominati da CAO Nazionale.

Per questo la vicenda che si è chiusa ha aperto alcune questioni che sicuramente meriterebbero una più attenta riflessione?

Assolutamente perché dalla stessa sono derivate, profonde riflessioni governative in tema di riforma degli Ordini e delle professioni. Questioni complesse e pericolose. Complesse perché questi aspetti sono molto “sottili” e insieme ad altre situazioni rischiano per davvero di condizionare la vita professionale degli iscritti. Ma anche pericolose. Si provi ad immaginare cosa sarebbe successo se il caso fosse approdato in Cassazione e la stessa avesse dato ragione alle nostre istanze, come da qualcuno di autorevole ipotizzato. Pensi alle conseguenze in termini istituzionali.

Dietro a questa vicenda si nascondevano anche questioni personali o solo di principio?

Delle prime, se ci sono state, poco m’interessa. Del resto io mi confronto esclusivamente sul piano delle idee, e non vuole essere retorica. Molto più interessante il resto. Proprio nelle dichiarazioni rese nell’Assemblea ANDI del 2009, sottolineavo che in un momento tanto grave per la professione, la stessa non poteva essere governata con una legge istitutiva risalente al 1946 e quindi ante-costituzionale. Nel corso del lungo “braccio di forza” tra le parti e che mi ha interessato, l’Istituzione ma anche la politica hanno preso atto dell’attuale quadro legislativo che, oltre che vetusto, appare inadeguato ai tempi. L’impegno mio e dei vertici ANDI è stato, in un quadro di estrema riservatezza, molto importante.


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