La legge di stabilità (183/2011) -l’ultima manovra del Governo Berlusconi- ha previsto la costituzione delle Società tra professionisti (STP), società che permettono l’ingresso di soci estranei all’attività professionale.
Contro questo tipo di società si sono schierati anche i principali esponenti del settore dentale indicando il rischio che in questo tipo di società “operino” persone che non hanno le competenze professionali per farlo. Poi c’è anche il rischio elusione previdenziale evidenziano dall’ENPAM.
STP che per ora sono solo sulla carta in quanto la norma vincola la loro attivazione all’emanazione di un regolamento che per ora non è stato né proposto né tanto meno approvato; si parla che arriverà entro giugno dopo un accordo tra ministero della Giustizia (dicastero competente) e quello dello Sviluppo economico.
In attesa che vengano indicate le caratteristiche ed i vincoli è il Comitato Unitario Permanente degli Ordini e Collegi Professionali interviene con una circolare "al fine di completare o almeno meglio definire la disciplina delle STP affinché le prerogative degli ordinamenti professionali non rischino di essere vanificati dalla forma giuridica con cui una professione viene svolta". CUP che ricorda che “fino a quando l'iscrizione all’albo non potrà essere fatta, la società, anche se costituita e inserita nel Registro delle Imprese, non potrà svolgere in concreto la propria attività. Condizione essenziale, ricorda il CUP, per la stessa è che presso il Registro delle Imprese venga depositata la certificazione rilasciata dal competente Ordine professionale e attestante l’avvenuta iscrizione presso lo stesso della società, previa valutazione da parte dell’Ordine medesimo dell’esistenza dei requisiti previsti dalla legge e dall’emanando Regolamento.
“Vi è necessità immediata di precisare –si legge nella nota del CUP nella quale vengono illustrate le criticità della norma e le proposte- che l’attività professionale è l’esclusiva attività che la società può svolgere e che ciò deve avvenire a cura dei soci professionisti, con le modalità di incarico che il regolamento previsto al comma 10 dovrà specificare. Ciò rappresenta una ulteriore specificazione della volontà del legislatore di conservare in capo alla società i medesimi requisiti richiesti al singolo professionista per lo svolgimento di qualsiasi attività professionale regolamentata e che prescinde, come noto, dal fatto che talune attività siano o meno riservate. Di conseguenza, non vi può essere spazio nella attività della società per attività svolte da terzi non abilitati esattamente come un singolo professionista non può svolgere alcuna delle attività rientranti nel proprio ordinamento se non con il proprio titolo professionale ed assoggettandosi alla relative norme disciplinari”.
Leggi la nota del CUP.