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I dentisti italiani bocciano le liberalizzazioni e società tra professionisti. Il 51% è preoccupato per il possibile abbassamento dei prezzi
[giovedì 26 gennaio 2012]

Certamente avrà fatto piacere al presidente del Consiglio Mario Monti ed al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Antonio Catricalà leggere lunedì sul Corriere della Sera l’articolo di Dario Di Vico in cui si evidenziava che i dentisti italiani ritengono che le liberalizzazioni porteranno una riduzione dei prezzi delle prestazioni. Quello è il loro obiettivo.

Ma i dati della ricerca del Servizio Studi ANDI sul gradimento da parte dei dentisti verso le liberalizzazioni probabilmente risentono più del sentito comune che di una reale conoscenza delle norme, e questo nonostante il sondaggio sia stato svolto nel mese di dicembre, ovvero prima dell’approvazione del recente decreto che di fatto non porta nessuna novità per i dentisti liberi professionisti.

Non si capirebbe infatti perchè il 51,5% dei dentisti italiani -il campione utilizzato da ANDI è statisticamente rappresentativo ed i dati sono stati proiettati sulla popolazione odontoiatrica italiana- ritiene che le liberalizzazioni, quindi l’aumento della concorrenza, porterà un ulteriore abbassamento dei prezzi. Il 45,9% ritiene che l’eliminazione delle tariffe minime porterà un peggioramento per l’esercizio della professione in particolare per i giovani.

Già da anni i dentisti operano in un settore di fatto liberalizzato: non c’è un tariffario di riferimento, non esiste una limitazione all’iscrizione all’Albo professionale, c’è la libera circolazione dei professionisti (e dei pazienti) in tutta Europa, ma soprattutto il numero di dentisti italiani in rapporto ai cittadini è poco più di uno a 1000, rapporto che scende drasticamente a poche centinaia di potenziali pazienti se considerano gli italiani che realmente si recano dal dentista.

Secondo il sondaggio del Servizio Studi ANDI il 68,87% dei dentisti è in disaccordo con le varie norme approvate in questi mesi in tema di liberalizzazione e riforma degli Ordini. Ad essere “molto in disaccordo” sono in prevalenza gli odontoiatri con una età tra i 46-55 anni, di sesso maschile con uno studio medio piccolo in una zona del Nord-Ovest d’Italia.

In particolare i dentisti (65,10%) non hanno gradito la norma sulla possibilità di creare società tra professionisti (possibilità per ora solo sulla carta) con soci di capitale; anche se il 45,8% valuterebbe la possibilità di entrare in queste società.

Particolarmente contrari gli odontoiatri di sesso maschile con età tra i 46-55 anni mentre quelli (15,7%) d’accordo con la norma sono in prevalenza donne con una età sotto i 35 anni.


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