Non saranno queste ultime sentenze della Cassazione a scardinare l’abusivismo in Italia, piuttosto aiutano a dimostrare che abusivi e prestanome sono perseguibili legalmente.
La 30790/2011 conferma, o vita a seconda di come la si legga, che un prestanome dovrebbe essere radiato dall’Albo. La sentenza interessa uno psicologo che si è visto rifiutare l’iscrizione all’Albo ligure “per carenza del requisito della condotta moralmente irreprensibile”. A suo carico aveva alcune condanne penali tra le quali una per esercizio abusivo della professione. La Suprema Corte ha ritenuto di ritenere valido il requisito di buona condotta tra quelli da considerare nel iscrivere, o cancellare da un ordine professionale.
La 11545 del 23 marzo 2012 interviene invece sul reato di esercizio abusivo della professione. La Cassazione sancisce che commette reato di “esercizio abusivo di una professione, punibile a norma dell’art. 348 cod. pen., non solo il compimento senza titolo, anche se posto in essere occasionalmente e gratuitamente, di atti da ritenere attribuiti in via esclusiva a una determinata professione, ma anche il compimento senza titolo di atti che, pur non attribuiti singolarmente in via esclusiva, siano univocamente individuati come di competenza specifica di una data professione, allorché lo stesso compimento venga realizzato con modalità tali, per continuatività, onerosità e (almeno minimale) organizzazione, da creare, in assenza di chiare indicazioni diverse, le oggettive apparenze di un’attività professionale svolta da soggetto regolarmente abilitato”.