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Iva sugli acquisti per le professioni sanitarie. Non è possibile chiedere il rimborso
[martedì 10 luglio 2012]

Le fatture emesse dalle professioni legate alla salute come quelle degli odontoiatri, igienisti dentali e laboratori odontotecnici sono esenti iva ai sensi dell’ex articolo 10 del Dpr 633/72 e successive modificazioni.

Questo comporta, di fatto, un aumento dei costi degli acquisti di questi professionisti del 21%, non potendo detrarre l’imposta. Per alcuni questa sarebbe una imposta occulta che grava su questi professionisti.

Dello stesso parere un contribuente che ha chiesto alla Commissione tributaria di residenza il rimborso di 1.276.213 di iva non detratta. In sostanza, il ricorrente lamentava il fatto che sul settore sanitario graverebbe in tal modo un’“Iva occulta”, che farebbe perdere all’imposta la sua caratteristica di neutralità.

Di parere diverso la Commissione tributaria che negava il rimborso confermando una linea tenuta da tempo dall’Amministrazione finanziaria.

“L'art. 13 della Direttiva comunitaria del 17/05/1977, n. 77/388/CEE –scrivono i giudici- elenca le cessioni di beni e le prestazioni di servizi che gli Stati membri debbono esentare dall'IVA nei loro ordinamenti interni. Il suddetto articolo 13 afferma che gli Stati membri debbono prevedere al loro interno l'esenzione dall'IVA per le rivendite di beni per i quali il cedente, in occasione del loro acquisto, non ha detratto la relativa imposta, o perché i beni stessi erano inizialmente destinati ad un'attività esente, oppure perché colpiti da indetraibilità oggettiva dell'IVA. Con l'emanazione del D.Lgs. n. 313 del 1997, l'Italia ha provveduto ad adeguare la normativa del DPR n.633/72 a quella prevista dall'art. 13, Sezione B), lettera C), della VI Direttiva, stabilendo un trattamento di esenzione per la cessione di tutti i beni privi del diritto a detrazione.

E' stato pertanto inserito all'art. 10 del DPR n.6331 72 il n. 27-quinquies), con il quale sono state ricomprese tra le esenzioni tutte le cessioni che hanno per oggetto beni acquistati o importati senza diritto alla detrazione totale della relativa imposta ai sensi degli artt. 19, 19-bis 1 e 19-bis 2". Sulla scorta di quanto riportato quindi non vi possono più essere dubbi sul fatto che l'esenzione dall'IVA prevista dalla disposizione dell'art. 13, Sezione B, lettera C), della VI Direttiva, riportata al n. 27- quinquies dell'art. 10 DPR n.633172, si riferisce solo alle rivendite di beni per i quali non è stata operata alcuna detrazione dell'imposta a monte e non certo alle cessioni di beni effettuate nei confronti di chi svolge attività esenti. Non vi può dunque essere più alcun dubbio sul fatto che la stessa esenzione spetta a patto che non sia stata operata la detrazione dell'imposta. ….

La stessa Corte di Giustizia Europea, con ordinanza del 06/ 07/2006, cause riunite C-18/05 e C-1551 05, Sez.V, ha affermato che “La Corte ha dichiarato che l'art. 13, parte B,lettera C), della VI Direttiva mira ad evitare una doppia imposizione contraria al principio della neutralità del tributo, inerente al sistema comune di IVA. La prima parte dell'art. 13, parte B, lettera C), della VI Direttiva permette così, con l'esenzione da essa prevista, di evitare che la rivendita di beni formi oggetto di una nuova imposizione, mentre questi ultimi sono stati preliminarmente acquistati da un soggetto passivo per le esigenze di un'attività esentata in forza dello stesso articolo e, pertanto, in occasione di tale acquisto, I'Iva è stata versata in maniera definitiva, senza possibilità di detrarla". In conclusione quindi si può affermare che l'esenzione spetta proprio in quanto 1'IVA è indetraibile. L’esenzione, proprio per espressa disposizione dei giudici comunitari, è dunque giustificata dalla indetraibilità dell'imposta sull'acquisto”.


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