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A Torino un medico specialista può esercitare senza iscrizione all’Albo degli odontoiatri, ad Arezzo no. Due differenti sentenze fanno discutere. D’Agostino (CAO Torino) chiederemo di appellarsi alla sentenza
[martedì 15 gennaio 2013]

Mario Marcellino è laureato in medicina con diploma di specializzazione in odontoiatria, da oltre trent’anni fa i dentista a Torino. Da quando è stato introdotto anche per i medici l’obbligo di iscrizione all’Albo degli odontoiatri ha intrapreso la sua battaglia di principio rifiutandosi di iscriversi e cercando di farsi denunciare dall’Ordine. Cosa che nel marzo scorso è avvenuto. “Finalmente potrò dimostrare le aberrazioni che ha partorito l’Albo degli odontoiatri svilendo la professionalità dei medici specialisti”, aveva dichiarato il dott. Marcellino al quotidiano La Stampa all’indomani dell’udienza di fronte al giudice per il reato di esercizio abusivo della professione di odontoiatra.

Lo stesso giudice che nei giorni scorsi lo ha assolto dall’accusa perché il fatto non sussiste.

“L’assoluzione è dal reato penale”, ci dice al telefono il dott. Gianluigi D’Agostino presidente CAO di Torino. “Stiamo aspettando di leggere la sentenza ma già nei prossimi giorni ci rivolgeremo al Procuratore Generale per chiedere di presentare ricorso ed andare in appello, noi come Ordine non possiamo farlo in quanto non ci eravamo presentati come parte lesa al processo, la norma è talmente chiara che ci sembrava impossibile un’assoluzione”. “Da quanto siamo riusciti a sapere il giudice si è espresso solo sul reato penale ritenendo che la laurea in medicina e la specialità in odontoiatria costituiscano i titoli idonei per esercitare la professione di dentista, diverso dal punto di vista amministrativo, aspetto sul quale il giudice non sembra essersi pronunciato”.

Di questi giorni un altro caso analogo dove l’Ordine si era costituito parte civile contro F.R. un medico specialista in odontostomatologia, residente in provincia di Arezzo, che si rifiutava di iscriversi all’Albo degli odontoiatri in quanto ritenuta una imposizione “diminutiva” della propria professionalità”. In questo caso il giudice lo ha condannato a pagare una ammenda di 250 euro.

 


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