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Autorizzazione sanitaria: non è più l’attività esercitata ad obbligare la richiesta ma le prestazioni praticate in studio, lo indica la Cassazione
[martedì 21 maggio 2013]

Farà certamente discutere ed aprirà scenari nuovi in tema di autorizzazione sanitaria la sentenza n. 10207 del 30-04-2013 della Cassazione civile chiamata a decidere sul ricorso presentato dal Comune di Fermo contro la sentenza del Giudice di Pace, confermata nei due gradi di giudizio successivi, con la quale nel 2007 accoglieva il ricorso presentato dai legali del dott. Giancarlo Bacalini, odontoiatra di Fermo, sanzionato nel gennaio 2006 dal Comune per avere aperto uno studio odontoiatrico senza l'autorizzazione prescritta dalla L.R. Marche n. 20 del 2000, art. 7.

Con la sentenza la Cassazione contesta l’interpretazione della legislazione regionale di settore che vuole assoggettare ad autorizzazione tutti gli studi odontoiatrici.

Diverso, motivano i giudici, quanto dispone il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 8 ter in tema di riordino della disciplina in materia sanitaria, aggiunto dal D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229, laddove al comma 2 stabilisce che "l'autorizzazione all'esercizio di attività sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente,... ".

Ricordiamo che lo Stato con la riforma dell’art. 5° della Costituzione ha demandato alle Regioni la regolamentazione della materia seguendo le linee generali dettate dalla legislazione nazionale. Regioni che hanno in prevalenza utilizzato il testo dell’art.8 ter interpretandolo come l’obbligo per gli studi odontoiatrici di richiedere l’autorizzazione sanitaria a prescindere dalle prestazioni effettuate.

Peraltro, commenta la sentenza, “le delibere regionali richiamate non solo non assoggettano espressamente ad autorizzazione tutti gli studi odontoiatrici, come invece sarebbe stato necessario se davvero avessero voluto raggiungere tale risultato, ma appaiono regolare situazioni diverse”.

Quindi per la Cassazione l’autorizzazione sanitaria deve essere richiesta non gli studi odontoiatrici tout court ma solo a quelli che erogano prestazioni che comportino un rischio per la sicurezza del paziente.

“Ora si aprono nuovi dilemmi: quale sono le prestazioni che non “comportano un rischio per la sicurezza del paziente”? E, viceversa, quali sono quelle che (invece) comportano un rischio? E nel caso in cui, in uno studio privo di autorizzazione, si presenti un paziente che  chiede una prestazione “a rischio” cosa succede?”, si chiede l’avv. Silvia Stefanelli esperto di diritto sanitario.

 


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