Un dentista abilitato titolare di studio avrebbe consentito ad un non abilitato (un abusivo quindi) di inserire un impianto dentale ad un paziente nel suo studio e per questo il tribunale di Treviso lo aveva condannato a 300 euro di multa con il benefizio della non menzione assolvendolo dall’accusa di lesioni colpose.
Contro la sentenza ricorreva la Procura e la Corte di Appello nell’ottobre del 2012 ribaltava la prima sentenza condannando il dentista (vero) a 1 mese e tre giorni di reclusione. A questo punto era il dentista giudicato prestanome a ricorrere alla Cassazione che con la sentenza n° 21220 del maggio scorso, confermando la condanna.
Nella sentenza i giudici evidenziano come “il responsabile di uno studio medico (nella specie Direttore responsabile della struttura medica), per la peculiarità della funzione posta a tutela di un bene primario, giusta testuale disposto dell'art. 33 della Carta costituzionale, ha l'obbligo di verificare, in via prioritaria ed assorbente, non solo i titoli formali dei suoi collaboratori, curando che in relazione ai detti titoli essi svolgano l'attività per cui essi risultano abilitati, ma ha altresì l'ulteriore, concorrente e non meno rilevante, obbligo di verificare in concreto, che, al formale possesso delle abilitazioni di legge, corrisponda un accettabile standard di conoscenze e manualità minimali, conformi alla disciplina ed alla scienza medica in concreto praticate.
Nella specie quindi, una volta accertato il mancato rigoroso adempimento degli obblighi di verifica formale dei titoli abilitanti il concreto esercizio della professione, il direttore dello studio medico, non solo risponde del concorso nel reato di cui all'art. 348 c.p., con la persona non titolata, ma risponde del pari, ex art. 113 c.p., degli illeciti, prevedibili secondo l'"id quod plerumque accidit" e derivati dalla mancata professionalità del collaboratore la cui competenza formale e sostanziale non sia stata convenientemente verificata”.