In vista del Dental Forum 2013 in cui si parlerà di nuove tecnologie e di come queste possano migliorare l’efficienza dello studio e del laboratorio ho chiesto un parere a Franco Tosco consulente per molti studio odontoiatrici attraverso la società Lessicom
Franco, dalla tua esperienza di consulente del settore ritieni importante l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali nello studio dentistico?
La domanda è certamente retorica. Investire oggi in nuove tecnologie e in nuovi strumenti digitali significa essere già in ritardo. L’Apple II è del 1976, l’IBM da tavolo compare nel 1981, il Macintosh è del 1984. Sono passati tra 30 e 40 anni. Chi ha un’età attorno ai 35/40 anni è nata e convive con le tecnologie digitali. Chi ha meno di 15 anni le possiede tutte e le dà per scontate. Anzi, non immagina neppure un mondo in cui non c’erano, Che poi è il mondo dei loro genitori. Chi non ha nello studio questo sistema di attrezzature se ne deve dotare immediatamente. Altrimenti è superato dal tempo e dalla storia. E’ come un professionista che deve scrivere per mestiere e non usa il computer ma la Olivetti lettera 22. Ciò non significa pensare di intasare le aziende odontoiatriche con elettronica in ogni dove. Nuove tecnologie e nuovi strumenti sono, appunto, strumenti e devono servire. Ben venga il nuovo, se mirato alla creazione della qualità che punta all’eccellenza. Ma la creazione di attrezzature e macchinari di nuova o futura generazione deve nascere dalla stretta e costante collaborazione tra chi ha la capacità tecnica di realizzarle e chi ogni giorno le sperimenta sul campo. Oppure, riflettendo sulla risposta a nuovi bisogni che intercetta tra i pazienti, va alla ricerca di tecnologie e strumenti che magari non trova, perchè nessuno li ha mai suggeriti al produttore.
Uno studio dentistico efficiente e produttivo può oggi operare senza l’utilizzo di un software gestionale?
La questione del supporto informatico è relativamente complessa e ruota intorno alla domanda su quale programma scegliere. Molti dei prodotti “per odontoiatri” che si trovano sul mercato sono degli assemblaggi. Fanno alcune, o molte, delle cose che qualcuno (un dentista?) ha detto essere necessarie per la segreteria (fatturare, fare i preventivi, controllare le scadenze di pagamento, gestire un’anagrafe ecc.), per l’archiviazione di parti di cartelle (le radiografie, ad es.), per avere corrette risposte agli interrogativi sull’andamento economico dello Studio. Il programma assembla le risposte , ma non esiste un filo logico tra di esse. In altri termini, non si segue il processo o le procedure che lo studio organizzato intende seguire. Il risultato è che spesso, quando si acquista un prodotto informatico, si è costretti a seguire il programma e ciò che pensava il programmatore durante il suo lavoro. Di conseguenza, si “organizzerà” l’attività dello studio su quella base. Soprattutto se a monte non esiste già un’azione di organizzazione dell’attività aziendale. La scelta del programma (attrezzo indispensabile ad un certo stadio dello sviluppo dello Studio odontoiatrico) deve avvenire dopo che si è organizzato l’azienda, non prima. Le modalità di acquisizione di un risultato, o l’inserimento di un dato a un certo punto del processo, non sono azioni neutre, ma procedure vincolanti per gli operatori e quindi per l’intero sistema aziendale. Organizzata l’azienda, si individua un programma che abbia un serio taglio aziendale, che sia sufficientemente elastico da potersi adattare alla visione della Proprietà e non viceversa, che fornisca risposte il più complete possibile; non delle “statistiche”, ma delle elaborazioni e sintesi concrete, funzionali al controllo e di reale supporto per le decisioni future che la proprietà dovrà assumere. Che possa, quindi, essere utilizzato sia come sistema di monitoraggio e di controllo della produzione e dei costi, sia come sistema di analisi e di elaborazione dei dati.
La situazione economica difficile deve indurci ad attendere a fare investimenti per migliorare la struttura?
La tipologia degli studi odontoiatrici mono professionali o associati, dal nostro osservatorio, si sta molto semplificando. Ci pensa la situazione economico finanziaria e sociale internazionale e nazionale. Delle 3 grandi fasce in cui collocare gli studi:
- sopravvive quella più bassa che si gioca i pazienti che non possono attendere i tempi dilatati dell’accesso al servizio pubblico o che non pensano alla patologia orale come una malattia.
- vive bene quella alta, quella della qualità che mira all’eccellenza. Qui l’afflusso di clientela è in crescita significativa e proviene dalla fascia di mezzo, alla quale la classe più alta sottrae in maniera definitiva il pacchetto clienti. Sempre qui, l’aumento della produttività è significativa e talvolta importante, anche a due cifre.
- realmente in crisi è (o era) la fascia di mezzo, quello della realtà mono professionale con uno o due giorni dell’igienista, dell’ortodontista ogni 15 giorni o tre settimane, di un collaboratore endodontista magari cinque o sei ore a settimana. Magari due o tre assistenti che, a rotazione o a caso, svolgono la funzione di segreteria.
E di queste tipologie di studio quale rischia di più?
Secondo noi è l’ultima quella destinata in tempi medio brevi a scomparire. Anche per motivi anagrafici, concentrando in sé, in modo importante, una popolazione odontoiatrica con età più elevata e comunque superiore ai cinquant’anni. Sono professionisti la cui precedente esperienza relativamente facile non li ha allenati a immaginare o ad affrontare il cambiamento, condizione indispensabile per sopravvivere ora e riprendersi alla fine del periodo difficile. Non è il caso di richiamarsi al futurismo e a Marinetti, pensando alla crisi come ad una grande scopa del mondo che fa pulizia, ma è sufficiente richiamarsi a Darwin e alla sua selezione della specie. Sopravvivono i più adatti. Ma chi ritiene di potercela fare, perchè in possesso di professionalità adeguata, o ritiene di dovercela fare perchè ad esempio ha figli che devono subentrare nell’attività, allora deve investire.
Ed è questo il momento di farlo. Investire sì, ma in che cosa?
Innanzitutto nel proprio studio. Che significa poi scommettere e investire su di sé. Il proprio Studio deve essere dotato di tutto quanto serve per esprimere al meglio la professionalità del titolare, la deve esaltare. Quindi con tutte le attrezzature e le tecnologie più avanzate. Che naturalmente vanno mostrate e indicate ai pazienti perchè colgano il valore della qualità e facciano i confronti con le altre realtà che non le utilizzano. E con la formazione importante al corrispondente utilizzo da parte delle risorse umane di assistenza. Perche le risorse umane formate prendono coscienza di sé, crescono in autostima, lavorano meglio, producono di più a pari condizioni e trasmettono la sensazione di serenità e qualità ai pazienti. Se questo è un periodo in cui c’è in qualche studio una parziale flessione di accesso, quel tempo va impiegato per formare e studiare e prepararsi alla fine del tunnel. Perchè è comunque certo che il tunnel, se non ti siedi e lasci andare avanti gli altri, prima o poi finisce e se ne esce. E occorre essere preparati all’incognita che si troverà.