L’ispezione in casa del contribuente da parte della Guardia di finanza è legittima solo in presenza di gravi indizi di evasione fiscale. Questo è quanto stabilito dalla sentenza n. 6836 del 20 marzo 2009, della Corte di cassazione che tutela i contribuenti e la loro riservatezza fra le mura domestiche. Il fatto trae origine a seguito di accertamenti a carico di una “s.n.c.” alla quale l’Agenzia delle Entrate contestava maggiori redditi rispetto a quelli dichiarati. Durante la verifica fiscale era stata perquisita la casa di un socio non amministratore con acquisizione di documenti assunti poi come prova dell’evasione.
La perquisizione era stata eseguita grazie al decreto di autorizzazione del Procuratore della repubblica privo però dell’indicazione dei gravi indizi richiesti dalla legge (dpr n.633 del 26 ottobre 1972) che mira a conciliare la tutela del domicilio del cittadino riconosciuta dall’articolo 14 della Costituzione con l’esigenza di acquisire elementi di riscontro di una presunta evasione fiscale.
La Corte ha quindi accolto il ricorso da parte dei soci per l’illegittimità dell’autorizzazione e della inutilizzabilità dei documenti acquisiti stabilendo che l’autorizzazione deve trovare giustificazione nell’esistenza di gravi indizi di violazione della legge fiscale stabiliti ‘ex-ante’.