I Romani sono stati un modello di civiltà e quindi può non stupire il fatto che si prendessero cura dei loro denti ricorrendo al dentista.
In un articolo pubblicato sul sito della associazione inglese BDA viene spiegato come i Romani si prendevano cura dei propri denti. Spesso ricorrevano alle cure del dentista, che non era un odontoiatra ma un medico generico (ne è una prova il fatto che nella lingua latina il termine ‘dentista’ non esiste sostengono gli Autori) ma eseguivano estrazioni adoperando forcipi e uno strumento speciale noto come “tenaculum”, cioè una tenaglia per estrarre le radici dei denti e realizzavano ponti in oro secondo una tecnica derivata dagli esperti Etruschi.
Ma quali erano le condizioni dei denti a quel tempo?
I Romani non conoscevano lo zucchero ma utilizzavano il miele nella loro dieta e pertanto avevano problemi di carie; il cibo poco elaborato finiva con il logorare la superficie dei denti e i batteri potevano attaccare la polpa dei denti. Si hanno notizie poi di una polvere a base di ossi tritati mischiati a gusci d’uova e conchiglie marine, che veniva bruciato e mescolato con miele e utilizzato come pasta dentifricia, a riportarlo sono le cronache di Celso e dello stesso Ovidio che parla del “dentrifricium” nei suoi scritti. Come ci riportano i testi di Marziale anche le protesi mobili erano diffuse e i materiali utilizzati per realizzare denti artificiali erano i più diversi tra cui il legno. La stessa legge “tutelava i denti” attraverso vere e proprie sanzioni pecuniarie molto pesanti per chi provocava danni ai denti di una persona come stabilito ad esempio dalla Legge delle XII Tavole. Magari al tempo si rischiava più di quanto rischia oggi un abusivo o un prestanome.