I terzi molari in stretto rapporto ai secondi molari e la presenza di tasche parodontali nei siti distali di quest’ultimi sembrano essere i fattori maggiormente predisponenti a una persistenza di problemi parodontali distalmente ai secondi molari anche dopo la chirurgia.
Uno studio pubblicato su Il Dentista Moderno (2009: 06;56-63) ha cercato di valutare lo stato parodontale di secondi molari inferiori in seguito a estrazione chirurgica di terzi molari adiacenti. Lo studio ha coinvolto venti pazienti che hanno subito l’estrazione di uno o di entrambi i terzi molari inferiori a contatto con il secondo molare adiacente. I denti complessivamente estratti sono stati 35. Nella valutazione parodontale del secondo molare mandibolare sono stati valutati: l’indice di placca (PI), l’indice di sanguinamento (BOP), la profondità di sondaggio (PPD), la posizione del margine gengivale (GMP) relativamente alla giunzione amelo-cementizia (CEJ), il livello di attacco (CAL) calcolata come la differenza tra PPD e GMP. Gli indici parodontali sono stati rilevati in quattro siti del secondo molare (mesiale, buccale, distale e linguale) seguendo un timing pianificato che ha previsto una valutazione pre-operatoria (T0) e una a 24 mesi (T1) dall’intervento chirurgico. Con l’analisi radiografica è stata valutata la variazione nel tempo dell’altezza della cresta ossea adiacente alla radice distale del secondo molare attraverso la determinazione della distanza tra l’osso alveolare e la giunzione amelo-cementizia.
I dati raccolti, spiegano gli autori, sono stati analizzati statisticamente applicando il test di Wilcoxon ponendo un livello di significatività del 5%. Dei parametri clinici valutati, PI, BOP, GMP non sono risultati statisticamente differenti ai due tempi di rilevamento (T0 e T1), mentre PPD e CAL hanno evidenziato differenze statisticamente significative (p < 0,05). La distanza tra cresta ossea e giunzione amelo-cementizia si è ridotta da 5,4 mm ± 1,65 a 3,93 mm ± 1,25. Questa differenza è risultata statisticamente significativa (p < 0,05) a testimoniare che è stata registrata, 24 mesi dopo l’estrazione del terzo molare, una rigenerazione ossea distale al secondo molare.
Le conclusioni degli autori sono che l’estrazione dei terzi molari inferiori in pazienti giovani non produce a livello distale del secondo molare adiacente un peggioramento della condizione parodontale e laddove vi sia una tasca pre-esistente è possibile osservare a distanza di tempo una riduzione della profondità di sondaggio e un miglioramento del livello di attacco clinico. Inoltre, precisano, l’utilizzo di tecniche mini-invasive con l’ausilio della piezochirurgia ha permesso di minimizzare sia il discomfort post-operatorio del paziente sia le complicanze.