Dal 1 luglio sono entrate in vigore le nuove regole per determinare se e quando si ha diritto alla pensione con l'introduzione del meccanismo delle “quote”.
La riforma, varata dal governo Prodi, era stata voluta per limitare l'impatto del cosiddetto “scalone” previsto dal precedente governo Berlusconi e dal ministro Maroni, che prevedeva un aumento dell'età pensionabile a 60 anni a partire dal 31/12/2007.
Con la riforma, cambia il meccanismo di calcolo dell'età pensionabile: infatti non si terrà solo conto dell'età ma anche dell'anzianità contributiva pari a 35 anni; i due dati saranno sommati per ottenere un valore che costituisce, appunto, la quota da raggiungere per maturare il diritto di accedere alla pensione.
Le regole di calcolo saranno differenti per i lavoratori dipendenti e per quelli autonomi e saranno transitorie fino al 2013 anno a partire dal quale l'età minima pensionabile sarà effettivamente innalzata a 60 anni.
Ma come si calcolano le quote?
Ad esempio per il periodo tra il 1 luglio 2009 e tutto il 2010 per i lavoratori autonomi la quota da raggiungere sarà 96 ovvero dovrà essere composta da 35 anni di contributi e 61 di età o 36 anni di contributi e 60 anni di età. Per il biennio 2011-2012 le quote da raggiungere saranno 97 per gli autonomi (62 di età + 35 di contributi o 61 + 26) mentre a partire dal 2013 entrano in vigore quota 98 per gli autonomi (63+35 o 62+36). Questa riforma non modifica invece i criteri per chi matura 40 anni di contribuzione che rimangono invariati.
Il diritto di poter andare in pensione con i vecchi criteri viene mantenuto per chi al 31 dicembre 2009 abbia maturato almeno 35 anni di contributi avendo un'età di 57 anni per i dipendenti e 58 per gli autonomi. Per le donne rimane la possibilità di ottenere il pensionamento con i vecchi requisiti ma con una perdita di circa il 20% dell'importo della pensione stessa.