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Aids e privacy. Non si può chiedere ad un paziente se è sieropositivo
[martedì 12 gennaio 2010]

“Coloro che esercitano la professione sanitaria non devono raccogliere informazioni sulla sieropositività di ogni paziente che si rivolge per la prima volta allo studio medico, se ciò non è indispensabile per il tipo di intervento o terapia che deve eseguire. Il dato sull'infezione da Hiv può essere raccolto dal medico, infatti, solo qualora sia ritenuto necessario in relazione all'intervento clinico da eseguire sul paziente e comunque con il suo consenso”.

A stabilirlo è il Garante della privacy (delibera n.35 del 12 novembre 2009 divulgata ieri) a seguito della segnalazione dell’associazione NPS Italia onlus che aveva evidenziato come in uno studio dentistico di Brescia all’atto dell'accettazione dei pazienti veniva fatto compilare un questionario di anamnesi dove tra le varie informazioni sullo stato di salute veniva richiesto se si affetti da infezione da HIV (AIDS).

“L'esigenza di raccogliere informazioni sull'Hiv fin dal momento dell'accettazione – sostiene l'Autorità garante - non può essere giustificata neanche dalla necessità di attivare specifiche misure di protezione per il contagio, poiché la normativa di settore prevede che tali misure siano adottate, nei confronti di ogni paziente, a prescindere dalla conoscenza dello stato di sieropositività”. Il Garante ha anche precisato che nel caso in cui il medico venga a conoscenza di un caso di Aids o di Hiv, oltre a rispettare specifici obblighi di segretezza e non discriminazione nei confronti del pazienze, ha l'obbligo di adottare ogni misura individuata dal Codice privacy per garantire la sicurezza dei dati sanitari.

“La notizia apparentemente può risultare anomala”; ci dice il dott Marco Scarpelli esperto in odontologia forense. “In realtà il provvedimento valutata il problema dal punto di vista giuridico, considerando l'aspetto relativo proprio al diritto alla privacy e quindi alla riservatezza dei dati”. “Nell'ipotesi nella quale si ipotizzi un maggior rischio nella cura di un paziente sieropositivo –continua Scarpelli- andrebbe invece valutato, come ben esprime il testo della decisione, come le cautele di prevenzione e protezione nella cura del paziente debbano essere impiegate con qualsiasi paziente sia esso sieronegativo, sieropositivo o non noto. Va infatti considerato che nella propria clientela possono esserci anche soggetti sieropositivi che non lo hanno dichiarato o sieropositivi che non ne sono, ancora, al corrente”.

“Ne deriva quindi la necessità –conclude Scarpelli- che vengano sempre rispettati i criteri di prevenzione di trasmissione delle infezioni nella cura di qualsiasi paziente;  altresì risulta fondamentale che l'odontoiatra che venga a conoscenza della sieropositività di un suo paziente, mantenga, come su ogni informazione, il segreto professionale”.  

 


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