Anche le società possono fare pubblicità delle proprie strutture. A sostenerlo è la seconda sezione del Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna che con la sentenza numero 16/2010 ha dato ragione ad una società del gruppo Vitaldent che aveva ricorso contro la decisione dell’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della provincia di Bologna. L’Ordine aveva infatti intimato alla società la cessazione della pubblicità delle strutture odontoiatriche sostenendone l’illegittimità in quanto detta pubblicità dell’attività sanitaria non sarebbe stata conforme alle disposizioni di legge ed alle regole e principi sanciti dalla disciplina deontologica.
Nell’accogliere il ricorso il TAR, su una eccezione dell’Ordine dei Medici, evidenza in primo luogo come “gli Ordini dei Medici, tuttavia, non svolgono, per previsione normativa, una funzione indipendente ed imparziale a tutela di interessi di grande rilevanza e propri dell’intera collettività generale, assimilabile a quella delle Autority, istituite in tempi successivi e relativamente recenti, a partire dalla metà degli anni ‘80 nel quadro di un nuovo modello di organizzazione amministrativa, e sottratti da ogni forma di vigilanza o controllo, per quanto concerne la propria attività istituzionale, da parte dell’amministrazione governativa e che si esprimono in posizione di terzietà, equidistanza e neutralità rispetto a tutti gli interessi coinvolti”.
Circa poi la questione i profili più strettamente legati alla materia sanitaria il Tribunale amministrativo ricorda anche come il decreto Bersani abbia “abrogato le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dall'Ordine” precisando altresì espressamente che tale disciplina ha abrogato anche la legge 175/’92. Di diverso parere la FNOMCeO.
Quindi, secondo la sentenza, all’Ordine professionale spetta “soltanto un potere di verifica della veridicità del contenuto della pubblicità, non contestata nel provvedimento impugnato, al fine di effettuare eventuali segnalazioni agli organi competenti in proposito”.
Per quanto riguarda poi la tesi dell’Ordine di Bologna secondo la quale alle società si applicherebbe la legge "175/’92 mentre ai professionisti il decreto Bersani il TAR afferma che non “è condivisibile l’interpretazione della difesa dell’Ordine professionale che intende differenziare, sotto il profilo della pubblicità, l’attività dei singoli professionisti, ai quali sarebbe consentita la pubblicità, e quella delle attività professionali svolte in forma societaria, oggi consentita, per le quali rimarrebbe il divieto di pubblicità ed il potere inibitorio dell’Ordine dei Medici. Tale differenziazione non sussiste nel quadro normativo vigente e non è prevista dal D. L. 223/2006, convertito in legge 248/2006, e sarebbe in contrasto proprio con il principio comunitario di libera concorrenza al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato che costituiscono le finalità della recente normativa sopra indicata”.