Non occorre che l’esercizio abusivo della professione sia posto in essere con continuità: basta anche una sola azione in violazione dell’art. 348 c.p. a configurare la responsabilità penale. Così, ribadendo una giurisprudenza ormai costante, si è espresso il Tribunale di Cassino, Sent. del 10.12.2009.
Il caso è quello di un’assistente alla poltrona che nell’aiutare il dentista nella sua opera si è “allargata” compiendo atti non propri alla sua qualifica.
Nello specifico è stato giudicato esercizio abusivo della professione le seguenti operazioni: controllare la funzionalità di una protesi dentaria (estraendola, regolandola e riposizionandola); togliere punti di sutura, effettuando anche la necessaria mediazione; praticare una iniezione di antibiotico su una gengiva; modellare un dente con del composto; posizionare degli elastici sull'apparecchio ortodontico.
Per la cronaca il giudice ha anche condannato per concorso in esercizio abusivo della professione il dentista abilitato titolare dello studio.