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Radiografo in studio? Per ANDI l’odontoiatra è legittimato all’uso anche di apparecchi complessi
[martedì 9 marzo 2010]

Le nuove tecniche chirurgiche e la diffusione capillare dell’implantologia negli studi dentistici italiani hanno spinto, anche quelli mono-professionali, ad utilizzare apparecchi radiologici di seconda generazione, quelli che permettono di effettuare radiografie panoramiche. Utilizzo che propone, però, alcuni dubbi giuridici sul loro utilizzo. In realtà i dubbi li pongono i radiologi che vorrebbero che gli odontoiatri si avvalessero delle loro consulenze per effettuare esami diagnostici un tempo confinati all’interno delle cliniche private, ospedali o Asl.

Il Giornale dell’Odontoiatra, sul numero in distribuzione in questi giorni, ha affrontato il problema attraverso un ampio servizio disponibile anche sul sito del Gruppo editoriale Elsevier dedicato all’odontoiatria.

Indicando come la normativa non vieta di effettuare le “panoramiche” all’interno dello studio dall’odontoiatra, diverso se questo le effettuasse e le refertasse per altri colleghi, il servizio pubblicato ricorda come a regolamentare la materia sia il decreto 187 del 2000; nonostante questo al Ministero sarebbe stato presentata una richiesta di parere.

“L’insieme di norme –si legge sul GDO- che i dentisti italiani devono conoscere abbastanza bene per evitare grattacapi burocratici o amministrativi ci sono (un box sul giornale le riassume NdR). In sostanza, il testo legislativo approvato quasi dieci anni fa impone agli odontoiatri di attenersi ad alcuni principi fondamentali nell’utilizzo degli apparecchi radiodiagnostici. Il primo è il principio di giustificazione, che consiste nel divieto di effettuare esami radiologici che non siano motivati da reali esigenze mediche per il paziente. Il secondo è il principio dell’ottimizzazione: tutte le esposizioni del paziente alle eventuali radiazioni devono essere mantenute al livello più basso possibile, compatibilmente con le esigenze della diagnosi.”.

A smorzare ogni allarmismo è il segretario sindacale ANDI Gianfranco Prada, che dalle pagine del GDO, anticipa che “entro qualche mese il quadro dei regolamenti sull’utilizzo delle apparecchiature radiologiche di secondo livello negli studi dentistici dovrebbe risultare più chiaro, grazie alla validazione da parte del ministero della Salute di raccomandazioni cliniche per tutti gli ambiti odontoiatrici, compresa la radiologia. Così gli odontoiatri italiani potranno operare con maggiore serenità, senza temere grattacapi burocratici e amministrativi”. Per creare indicazioni condivise, dice il dott. Prada, l’ANDI ha avviato nei mesi scorsi una serie di colloqui con le principali associazioni dei radiologi.

La polemica nasce da alcune affermazioni da parte della Sirm, come ricorda il GDO, che sosteneva la necessità della presenza nello studio dentistico dotato di apparecchiature radiografiche di seconda generazione di un radiologo in grado refertare l’esame. Necessità che l’ANDI ritiene infondata in quanto, leggiamo, “si tratta comunque di apparecchiature utilizzate in ambito complementare all’esercizio dell’odontoiatria (e quindi consentite ai dentisti dalla legge: secondo il decreto legislativo n. 187 del 2000, l’odontoiatra è abilitato a eseguire, esclusivamente per l’attività complementare alla sua professione, tutti gli esami radiologici che ritiene necessari; la legge non entra nel merito della definizione delle apparecchiature di primo o di secondo livello). Inoltre, l’attuazione di tale richiesta provocherebbe un ingiustificato aumento dei costi per i nostri associati e, di conseguenza, per i pazienti”.

 


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