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Sarà la Corte di Giustizia europea a decidere se i dentisti dovranno versare i diritti d’autore per la musica trasmessa in studio
[venerdì 9 aprile 2010]

Il SCF Consorzio Fonografici annuncia che la Corte d’Appello di Torino, nell’ambito di un contenzioso aperto dal consorzio nei confronti di un dentista, ha deciso di sottoporre il caso all’esame della Corte Europea di Giustizia. La Corte di Appello, spiegano dalla SCF, accogliendo la richiesta del Consorzio, ha disposto la sospensione del giudizio, sottoponendo presso l’autorità europea una questione pregiudiziale interpretativa. La Corte di Giustizia europea sarà così chiamata a decidere se la diffusione di musica all’interno di studi professionali privati – come quelli dentistici – rappresenta una forma di “comunicazione al pubblico di musica”. Si dovrà quindi stabilire se l’ambulatorio dentistico costituisce un “luogo aperto al pubblico”. L’autorità europea dovrà inoltre chiarire se tale attività di diffusione dia diritto alla percezione di un compenso in favore di artisti e produttori discografici.

La questione nasce dalla sentenza del Tribunale di Torino del 21 marzo 2008 in merito al ricorso presentato da un dentista torinese, sostenuto dall’ANDI, con la quale viene sancito che nello studio dentistico la riproduzione musicale non è effettuata a scopo di lucro e il titolare non deve versare nulla alla SCF il “diritto connesso al diritto d’autore”, ovvero le somme riconosciute ai produttori di compact disc e supporti musicali.

La vicenda giudiziaria comincia quando la SCF cita in giudizio il dentista per violazione della legge 633/1941 sul diritto d’autore, chiedendo la condanna al pagamento del compenso per ogni cd o disco in vinile trasmesso nello studio negli ultimi dieci anni: 25mila euro la richiesta.

Con la sentenza del 2008 il Tribunale  ritiene di non accogliere la richiesta della SCF. in quanto l’articolo 73bis della legge sul diritto d’autore che prevede un compenso per autori e produttori “anche quando l’utilizzazione è effettuata a scopo non di lucro” non è applicabile perché lo studio dentistico non è un luogo pubblico o aperto al pubblico. Motivando che i pazienti del dentista “non costituiscono un pubblico indifferenziato, ma sono singolarmente individuati e hanno diritto ad accedere normalmente previo appuntamento o su consenso del medico nei soli casi particolari (per le visite urgenti)”. “Il termine pubblico – motiva il Tribunale - viene, infatti, definito come accessibile e aperto a tutti, non circoscritto a determinate persone o comunque relativo a un ambito collettivo”.

 


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